Roma, 25 giugno 2018 – <<Cambiano i governi ma non l’accanimento terapeutico contro chi ha lavorato bene e per molti anni, un pessimo segnale per i giovani>> sostiene Federmanager in una nota diffusa oggi, a seguito delle dichiarazioni di esponenti del Governo sul tema della previdenza. <<Siamo stanchi di sentire i soliti annunci senza che si conoscano i criteri di calcolo delle pensioni. Cominciamo a chiarire un concetto base della previdenza: il sistema contributivo penalizza soprattutto le pensioni medio basse. Sono quelle, infatti, che hanno maggiormente beneficiato dei criteri di calcolo con il tanto ormai vituperato sistema retributivo>>.
<<Se vogliamo essere davvero equi, allora ricalcoliamo tutte le pensioni! – sostiene Mario Cardoni, direttore generale Federmanager – E’ paradossale che l’Inps, un ente che vive di contributi, va a penalizzare proprio chi ha versato somme ingenti per tutta la vita lavorativa e tiene in piedi tutta la “baracca”. Inoltre più volte, lo stesso Inps anche in sedi istituzionali, ha dichiarato che ricalcolare le pensioni con il metodo contributivo non era possibile>>.
<<L’Inps è ormai diventato un ente di assistenza – afferma Stefano Cuzzilla presidente di Federmanager -. L’assistenza già cresce al ritmo del 6% all’anno, tenuto conto anche degli oltre 100 miliardi di euro ricevuti dalla fiscalità generale, a cui contribuiscono sempre gli stessi. Siamo stanchi di essere considerati un bancomat>>.
Ma il punto vero è un altro: a vantaggio di chi va questa deprecabile iniziativa? Abbiamo più di 8 milioni di pensionati i cui trattamenti vengono integrati perché, nella loro vita lavorativa, non hanno versato contributi sufficienti per avere una pensione minima, parliamo di oltre il 50% dei pensionati italiani. Questo vuol dire che, ancora una volta, mettiamo tutti nello stesso calderone, non solo le persone che hanno bisogno ma anche chi – e sono la maggioranza – non si è comportato onestamente sul piano contributivo e fiscale. Altrimenti la fotografia dell’Italia sarebbe quella di un paese sottosviluppato del terzo mondo, non certo della seconda economia manifatturiera d’Europa, ottava nel mondo.
Non possiamo assimilare le pensioni di chi ha lavorato a lungo con i vitalizi dei rappresentanti istituzionali. Questo, oltre ad essere pura demagogia è anche distorsivo.
<<Rispettiamo i diritti di chi ha lavorato una vita, di chi ha dato molto per aiutare il paese a generare benessere, di chi versato i contributi e le imposte richieste fino all’ultimo euro e che ha il solo “torto”, a sentire i nostri politici, di essere stata una persona che ha meritato, si è impegnata e ha portato valore all’intera comunità. Davvero un triste messaggio per i nostri giovani, ai quali dovremmo affidare il futuro del nostro Paese. Non possiamo poi lamentarci se scelgono di andare altrove!>> chiude Stefano Cuzzilla.
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