Questo il commento del presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, dopo l’incontro di ieri al ministero dello Sviluppo economico sul futuro del Gruppo ex Ilva, con la partecipazione dei ministri Giorgetti e Orlando, oltre ai rappresentanti di Acciaierie d’Italia, con l’Ad Lucia Morselli e il presidente Franco Bernabè. All’incontro era presente una delegazione della Federazione dei manager, guidata dal coordinatore della commissione Siderurgia, Egildo Derchi.
«Siamo sinceramente delusi dall’atteggiamento di Governo e Invitalia; non può bastare annunciare il ritorno alla piena occupazione entro il 2025 e il raggiungimento della sostenibilità ambientale per far sperare in un futuro credibile per l’ex Ilva» spiega Cuzzilla precisando che «per garantire la continuità produttiva con volumi crescenti devono sciogliersi una serie di nodi – a cominciare dal dissequestro degli impianti e da una completa manutenzione ordinaria e straordinaria – per i quali, ad oggi, non si è proposta alcuna soluzione concreta».
A questo l’esperto Egildo Derchi aggiunge: «Abbiamo fatto presente che dopo anni di costante riduzione delle strutture e dei volumi di attività, per attuare un piano industriale fondato su nuovi e sostenibili cicli di produzione occorre, innanzitutto, dotarsi di adeguate componenti tecniche e gestionali che sono indispensabili per la sua realizzazione concreta. Inoltre, è necessario chiarire preventivamente quali saranno i costi di approvvigionamento energetico che da affrontare per alimentare le nuove fonti di produzione, che rappresentano un fattore strategico per l’economicità e competitività dei nuovi processi».
«Mentre i nostri colleghi continuano a esporsi a gravi responsabilità personali a causa della mancanza di investimenti in manutenzione e sicurezza, serve un approccio diverso sul sito siderurgico tarantino, che unisca tutte le forze sane del territorio e i soggetti interessati a garantirne il futuro» conclude Cuzzilla, riferendosi all’immagine che ancora oggi viene offerta strumentalmente da alcuni media di una fabbrica della morte e del disastro ambientale, in cui chi lavora baratta il diritto alla salute con il diritto al lavoro.
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