Secondo il presidente dei manager, Stefano Cuzzilla: «Il dibattito politico sull’eventuale revoca delle concessioni, e conseguenti commissariamenti, non coglie il nodo della questione: vanno responsabilizzati i gestori e vanno controllati i controllori. Proponiamo alla società e al Paese una visione nuova che tiene conto di tre elementi che non possono essere disgiunti: la prevenzione, la sicurezza e la manutenzione».
«Se vogliamo parlare seriamente di infrastrutture, occorre un programma organico e selettivo di manutenzione di almeno 10 miliardi di euro all’anno per i prossimi 5 anni, integrato da una migliore programmazione del prossimo ciclo di finanziamenti europei 2020-2027», propone il presidente Federmanager. «I 250 milioni di euro per i ponti e i 700 per il dissesto idrogeologico annunciati dal ministero dei Traporti – osserva – servono per mettere una toppa all’urgenza, ma non certo a risolvere le carenze della nostra rete di viabilità».
«In un momento di scarsità di risorse è necessario reimpostare una politica industriale che ponga in priorità la necessità di un efficace ed efficiente funzionamento delle opere esistenti», continua.
«Non si tratta soltanto di superare l’isolamento che ha colpito la regione Liguria, avviato con la tragedia del Ponte Morandi e di cui Genova costituisce l’epicentro. Si tratta di tantissime altre situazioni di criticità che riguardano più territori e più concessionari e sulle quali si affollano notizie allarmanti».
«Se non investiamo somme consistenti da qui a 5 anni, accettiamo di fatto la probabilità di patire altri crolli», avverte Cuzzilla. «Probabilità – ormai sono in tanti ad affermarlo – che sono rese sempre più concrete a causa della fragilità idrogeologica che contraddistingue i nostri territori e dell’acuirsi degli eventi ambientali».
«La manutenzione si paga da sé», ricorda Cuzzilla, riferendosi al risparmio collegato alla prevenzione dei potenziali danni. E specifica: «I lavori di manutenzione sono sempre una forma di investimento, che è anche labour intensive. Sono infatti più aperti all’innovazione, interessano soprattutto le PMI, creano velocemente maggiore occupazione in ampi ambiti territoriali».
«Forse è il caso di ribadire che dalla prevenzione, sicurezza e manutenzione delle nostre opere dipende direttamente la competitività del Paese. La tenuta della nostra produzione industriale – conclude – è ipotecata da una situazione non sostenibile oltre, che rende perfino rischiosa la mobilità di merci e persone e che impedisce di fatto al sistema impresa di andare avanti».
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