Comunicato Stampa

Federmanager: più coraggio su digitale e ambiente per reagire alla crisi

Indagine Federmanager: schizza la preoccupazione per l’andamento economico. La priorità è digitalizzare la Pa, le competenze e le infrastrutture, come il 5G.

Per 2 manager su 3, chi non si adegua alla sostenibilità resterà fuori dal mercato

Roma, 18 febbraio 2021 – I soldi del Next generation Eu devono essere utilizzati per sostenere la transizione digitale ed ecologica del Paese. È questa l’istanza dei manager italiani, intervistati dalla survey dell’Osservatorio 4.Manager sul tema della sostenibilità competitiva, presentata oggi in occasione del web talk “Il valore della sostenibilità. Impatti strategici e strumenti operativi per imprese e manager”, organizzato da Federmanager in collaborazione con 4.Manager ed Esgr.

L’indagine, rivolta a 954 manager iscritti a Federmanager nei primi giorni di febbraio, fa seguito alla precedente survey condotta tra i mesi di ottobre e novembre 2020 su altri 1.121 manager iscritti alla Federazione. Rispetto a tre mesi fa, emerge un significativo aumento dell’urgenza attribuita al tema della crescita economica, ritenuto urgente dal 58,7% del campione intervistato, con + 19,8% di importanza data dai manager.

Come dovranno essere investite quindi le risorse del NgEu? Innanzitutto puntando con decisione sulla digitalizzazione. Le prime tre priorità indicate dai manager riguardano infatti la digitalizzazione avanzata della Pa e dei servizi (per il 74,6% del campione, +3,2 rispetto alla precedente rilevazione), l’adattamento dei sistemi educativi per supportare le competenze digitali (per il 53,0% degli intervistati) e poi la diffusione in tutte le regioni italiane di fibra e 5G per imprese, famiglie e Pa (per il 47,1%, dato che sale al 52,9% per gli intervistati che lavorano nelle Pmi). Dalla rilevazione emerge inoltre un significativo 43% di manager che pensa agli incentivi per efficienza energetica ed energie rinnovabili come priorità di investimento, a testimonianza di quanto la sostenibilità ambientale ed energetica sia ormai consolidata come pilastro delle prospettive di sviluppo.

«Percepiamo una maggiore preoccupazione verso l’andamento economico: è il segnale che, dopo la prima emergenza, stiamo attraversando la fase acuta della crisi», commenta Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager. «I manager mostrano però di avere ben chiare le soluzioni: nel breve termine, sanare il gap tecnologico che esiste nel sistema, non solo nel mondo dell’impresa. Nel medio termine, riconvertire le produzioni verso modelli più sostenibili, che sono gli unici destinati a ripagare l’investimento e a far ritornare competitivi».

Per due manager su tre non adeguarsi ai paradigmi della sostenibilità comporta “minori spazi di mercato” (67,1%), ma anche “forti limitazioni operative a causa di normative sempre più rigorose” (per il 66,5%) e “minore accesso ai finanziamenti” (per il 40,1%, +7,9% rispetto alla precedente rilevazione).

Nella partita del Next generation Eu, sono i governi nazionali gli attori principali (per il 64,1% del campione) in grado di incidere sulle scelte decisive per una sostenibilità competitiva, ancor più delle istituzioni europee (che si piazzano sul secondo gradino del podio con il 60,8%).

«La scelta del Governo Draghi di istituire due ministeri dedicati alla transizione digitale e a quella ecologica risponde a un fabbisogno presente nel Paese», asserisce il presidente Cuzzilla. «Occorre uno sforzo trasversale per produrre il cambiamento auspicato. E siamo felici di vedere alla guida di questa missione due manager di esperienza, come Colao e Cingolani. Servono competenze manageriali, quelle che si basano su programmazione, pianificazione, esecuzione, controllo e rendicontazione, per trasformare il Recovery plan in una opportunità concreta di sviluppo».

Per Maria Cristina Piovesana, vicepresidente di Confindustria per l’ambiente, la sostenibilità e la cultura, «i dati riportati nel Rapporto “La sostenibilità competitiva”, confermano un trend consolidato. Secondo le imprese lo sviluppo in senso sostenibile non è solo un processo ormai divenuto ineludibile, ma è anche una grande opportunità per aumentare la competitività. Nel breve periodo – continua Piovesana – la transizione green implica vincoli più stringenti all’attività industriale e impone maggiore impulso agli investimenti, quindi, in questo senso, rappresenta una grande occasione di rigenerazione industriale. È però necessario garantire una transizione armoniosa e “giusta”, riducendo al minimo gli squilibri tra competenze e posti di lavoro. Per sviluppare il potenziale occupazionale della green economy servono giovani qualificati nei nuovi inquadramenti professionali e, allo stesso tempo, occorre aggiornare e riqualificare il personale già occupato o che è rimasto senza lavoro».

«Con il 37% delle risorse europee vincolate a investimenti e riforme in tema di ambiente, abbiamo la possibilità di diventare leader globali innovando i processi industriali», rimarca Stefano Cuzzilla. «Con nuove fonti di approvvigionamento come l’idrogeno pulito, con l’economia circolare che trasforma lo scarto industriale in una risorsa, con l’attenzione verso la filiera produttiva e le comunità energetiche, possiamo porre le basi per una rinascita competitiva del nostro sistema, mettendo in sicurezza il futuro delle nuove generazioni», sottolinea il presidente dei manager.

«I manager si stanno muovendo in questa direzione. Sono consapevoli delle conseguenze positive dell’investimento in sostenibilità, ma hanno bisogno di strumenti concreti. Senza un preciso disegno normativo che semplifichi l’accesso ai fondi e snellisca la burocrazia, resteremo ingessati di nuovo». Secondo Cuzzilla, più nello specifico: «Servono incentivi per inserire managerialità soprattutto nelle Pmi, favorendo percorsi formativi che rafforzino le competenze specifiche. Agevolazioni fiscali e procedure più chiare sono elementi fondamentali per agganciare la sfida della crescita sostenibile», indica Cuzzilla.

«Ci sono dei rischi da considerare», continua il presidente. «È significativo che un 12% dei nostri manager affermi di non avere in programma alcun investimento nel prossimo futuro. Quasi un 10% dice di non considerare alcuna nuova attività strategica. Questo dato rivela una fetta di Paese che non è reattiva e sta vivendo uno scenario catastrofico. Ecco perché occorre accelerare nella transizione digitale e green, l’unica direzione che può determinare un effetto shock positivo».

Redazione Federmanager

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