Durante l’Assemblea nazionale, la Federazione presenta i dati sull’occupazione manageriale: 4,5 manager in media nelle grandi aziende. Più al Nord e over 55
Il management industriale tiene. Nel 2018 si rileva una sostanziale stabilità della situazione occupazionale dei manager del settore industria: sono 70.572, un dato omogeneo a quello registrato nel 2017 e in linea con i livelli del 2014, primo anno post-crisi in cui il Pil italiano è tornato positivo, con circa 71mila manager presenti.
Dalla serie storica 2011-2018 analizzata da Federmanager su fonte Inps, tuttavia, si evidenzia una complessiva perdita di managerialità nelle imprese italiane: circa 5.000 posizioni in meno nel periodo considerato, con una flessione percentuale pari a -7%.
I numeri resi pubblici oggi nell’ambito dell’Assemblea nazionale Federmanager organizzata a Roma, descrivono un quadro in cui la presenza dei manager è per lo più concentrata nelle imprese di grandi dimensioni.
Dal 2016, anno dell’entrata in vigore del Piano Impresa 4.0, il numero totale delle aziende industriali è tornato a crescere, seppure lievemente, segnando nel 2018 294.205 imprese industriali, pari a un +0,8% rispetto al 2017 e a un +1,2% rispetto al 2016.
Quelle di medio-grande dimensione hanno acquisito nuova managerialità, come dimostra il numero medio di manager nelle aziende con almeno un dirigente, che è passato dai 4,04 del 2011 ai 4,52 del 2018. Le imprese di piccole dimensioni, invece, esprimono una domanda di competenze manageriali ancora insufficiente rispetto al trend.
Secondo il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla, «le imprese più strutturate sono quelle che hanno saputo approfittare degli incentivi 4.0 e che oggi sono competitive grazie anche all’investimento nella forza manageriale. La sfida vera riguarda le PMI che, nonostante la vivacità industriale, sono più esposte ai rischi dell’innovazione digitale proprio perché prive delle competenze necessarie ad affrontare il cambiamento».
«Il capitale umano deve diventare una priorità di sistema. Una priorità per il decisore pubblico, ma anche per l’imprenditore», indica Cuzzilla.
«Tagliare l’investimento sulle persone non può essere la soluzione per un’impresa che vuole competere», rilancia il presidente dei manager. «Bisogna introdurre agevolazioni fiscali legate all’industria 4.0 che riducano il costo del lavoro qualificato e agevolino il ricorso alle competenze. Strumenti come il “voucher per l’innovation manager”, approvato in manovra 2019 e ancora non attuato, sono vitali per aiutare in particolare le Pmi a dotarsi di managerialità».
«Il 98% del nostro tessuto produttivo è fatto di Pmi: di queste moltissime hanno il management che è espressione della famiglia. Perfino le realtà più virtuose rischiano di sgretolarsi nei passaggi generazionali – avverte il presidente, indicando la soluzione: «L’impresa si deve managerializzare, se non vuole essere estromessa dalla competizione globale».
L’osservatorio Federmanager certifica il grande sforzo del Nord del Paese per uscire definitivamente dalla crisi, a cui si contrappone lo stato di difficoltà che ancora caratterizza il Sud e le Isole che, rispetto al 2011, contano 950 manager in meno.
«Non possiamo accontentarci del dato 2018», precisa Cuzzilla. «È certamente positivo aver arrestato il trend di fuoriuscita di manager dal mercato del lavoro, ma ci preoccupa che la crescita abbia riguardato la fascia di età degli over 55 e sia concentrata nel Nord Italia. Stiamo perdendo giovani talenti e, la verità, è perché all’estero li trattano meglio. E stiamo sprecando le capacità industriali di un’intera parte del paese, il nostro Mezzogiorno, che non riesce ad essere attrattivo, per i più giovani e per i più capaci».
Inoltre, nel 2018, i manager con più di 55 anni sono il 37% del totale contro il 5% degli under 40.
Troppo poche anche le donne. Nel periodo considerato, però, il trend è positivo: a fronte del decremento complessivo dei manager nel periodo 2011-2018, le donne hanno aumentato la loro presenza, in particolare nella fascia d’età più giovane, passando dall’11% nel 2011 al 14% dell’anno scorso.
«In prospettiva, possiamo confidare che la quota femminile del management cresca e contribuisca a far crescere le nostre imprese», conclude Cuzzilla.
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