«Si tratta dell’ennesima stangata che mortifica il lavoro dipendente e, ovviamente, penalizza ulteriormente la categoria che rappresento, che già versa contributi cospicui alle casse pubbliche e sostiene sensibilmente tutto il welfare, a partire dal sistema previdenziale», esordisce il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla.
«Non si può continuare a scaricare sul lavoro dipendente e sulle imprese il prezzo del mancato equilibrio di bilancio. Se i conti non tornano, sarebbe il caso di perseguire gli evasori e chi le tasse non è abituato a pagarle», rilancia.
La norma prevede che le auto aziendali pesino per il 100% del loro valore sul reddito di chi non rientra nella categoria di “agenti e rappresentanti di commercio”, anziché il 30%. «Di fatto si annulla la natura di benefit aziendale, facendo dell’auto uno strumento al 100% ad uso personale».
«Apprendiamo con sorpresa di essere cittadini e contribuenti di un Paese che è capace di trasformare un fringe benefit in una penalty. Con una tassazione più che triplicata, non solo viene meno il vantaggio fiscale, ma si ipoteca il concetto di produttività dell’impresa che, non sono io a dirlo, dipende direttamente dalle condizioni di lavoro delle persone», osserva il presidente Federmanager.
Circa la motivazione che sorregge la norma, Cuzzilla incalza: «Troviamo irricevibile che la tassazione, che riguarda indistintamente tutti i tipi di autovetture, comprese le ibride ed elettriche, sia giustificata da presunte esigenze di sostenibilità ambientale. Noi siamo fautori di una riconversione industriale che sia tecnologica e rispettosa degli improrogabili impegni che abbiamo assunto a livello comunitario per contrastare il climate change. E poiché ci crediamo molto, non possiamo che rinviare al mittente qualsiasi strumentalizzazione della questione ambientale che punti soltanto a fare cassa».
Oltre alle conseguenze sul reddito di lavoro, il presidente dei manager sottolinea che «ancora una volta si punta il dito contro il settore automotive, che a fatica sta reagendo alla crisi e che costituisce uno dei comparti industriali più strategici del nostro Paese».
«Mi auguro che nei passaggi parlamentari le forze politiche correggano il tiro, ritirando la norma», conclude Cuzzilla. «L’impresa e chi contribuisce a far crescere l’Italia meriterebbero provvedimenti di tutt’altra natura».
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