Indagine Federmanager: per il 47% dei manager i modelli organizzativi aziendali non sono ancora agili. Solo nel 16% dei casi lo smart working è una realtà
Roma, 15 dicembre 2020 – La crisi innescata dall’effetto Covid sta imponendo un cambiamento dei modelli aziendali, ma il necessario e imponente ricorso allo smart working non si è tradotto ancora in un nuovo paradigma d’impresa.
Per competere e creare valore, l’impresa deve essere dotata di un management “agile”, in grado di cambiare filosofia, strategie e metodologie aziendali. Questo quanto emerge dalla presentazione de “La scacchiera del valore”, un modello di agile e welfare management realizzato da Federmanager in collaborazione con Fondirigenti, il fondo per la formazione condiviso tra Federmanager e Confindustria, a valle di una attività di ricerca portata avanti tra luglio e settembre di quest’anno.
«Il modello rappresenta uno strumento utile e funzionale per i manager e le aziende, al centro oggi di una sfida senza precedenti, – sottolinea il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla – far ripartire il sistema produttivo ripensando i processi organizzativi e puntando su tre ambiti fondamentali: innovazione, crescita delle competenze e sostenibilità».
Il modello è stato realizzato sulla base delle rilevazioni emerse da una survey che ha coinvolto 315 manager iscritti a Federmanager e ha utilizzato la metafora degli scacchi per individuare alcune figure manageriali determinanti all’interno dei contesti aziendali, ognuna caratterizzata da peculiarità assimilabili a quelle dei diversi pezzi del gioco.
Dall’indagine è emerso uno scenario incerto, con circa il 47% dei rispondenti che ritiene di operare in un panorama aziendale “intermedio”, in cui approccio ordinario e nuovi paradigmi agile si incontrano, ma c’è un rilevante 37,1% che riporta esperienze con aziende tradizionali e verticistiche. Il 16%, soltanto, considera tale paradigma una realtà già attuale in diversi contesti italiani.
Seppure lo smart working sta diventando un grande protagonista delle analisi economiche e sociologiche degli ultimi mesi, si tratta di soluzioni prevalentemente di facciata. Per il 55,6% dei rispondenti risulta infatti molto importante sviluppare e incentivare soluzioni basate sullo smart working come strumento di welfare management.
«Nessuno si immaginava che nel giro di pochi mesi milioni di persone avrebbero radicalmente cambiato le abitudini e i ritmi di lavoro, facendo del lavoro da casa la nuova normalità», nota il presidente Cuzzilla. «Oggi abbiamo la responsabilità di trasformare questa condizione in un’occasione di vantaggio per tutti i lavoratori. È un compito che spetta certamente al management, ma che deve essere supportato da posizioni politiche e legislative che incentivino le imprese ad abbandonare i vecchi schemi e ad investire su un assetto di gestione innovativo».
Secondo il modello elaborato da Federmanager, un’organizzazione aziendale agile si differenzia dal classico telelavoro o lavoro a distanza perché si basa su 4 pilastri: autonomia, responsabilità, monitoraggio dei risultati e crescita delle competenze.
Secondo i manager che hanno risposto alla survey, la cosiddetta connected leadership è un modello molto raro: per il 31,4% di loro ciò si deve a un deficit di comunicazione degli obiettivi da parte del top management, per il 28,9% al fatto che le aziende vivono day-by-day, oppure hanno una governance talmente frammentata da rendere impossibile una conoscenza di intenti strategici chiari per i collaboratori e per gli stessi manager.
Tutto ciò che appartiene a un sistema di devolved-decision making, vale a dire di delega e distribuzione delle responsabilità, con parallela condivisione delle scelte strategiche, è considerato addirittura un’utopia per il 26,3% dei manager. Networking, lavoro in team e condivisione della conoscenza sono ritenuti elementi essenziali di un’organizzazione agile che, tuttavia, nel 56,8% sono ritenuti possibili, ma poco realistici.
Colpa, in parte, della governance aziendale, poco propensa a sviluppare una leadership flessibile, facilitatrice e motivante. Per transitare dallo smart working all’agile management, quindi, il modello Federmanager propone tre asset su cui investire: la filosofia aziendale, che deve abbandonare gli strumenti novecenteschi a favore di una maggiore fluidità; la strategia, da improntare a una visione e pianificazione dei processi che sia chiara e adattiva rispetto al contesto mutevole; la metodologia, ovvero la condivisione e lo scambio delle competenze all’interno dell’organizzazione, per sostenere il processo decisionale.
È proprio sulle competenze necessarie a istillare in azienda una cultura agile che il campione si divide tra chi ritiene (49,5%) che la preminenza spetti comunque a competenze di natura specifica e chi (47,6%) ritiene le soft skills trasversali un elemento strategico, soprattutto nelle fasi di gestione di situazioni di crisi.
«Puntiamo a far crescere la consapevolezza sull’importanza delle soft skills, – rimarca il presidente Cuzzilla – a cui stiamo dedicando attenzione in tutte le sedi che ci vedono coinvolti, a partire dai nostri percorsi di certificazione delle competenze. L’emergenza Covid ha causato evidenti difficoltà organizzative e di processo a cui dobbiamo rispondere con una leadership più attenta alla creazione e moltiplicazione di valore in azienda».
Lo studio è stato illustrato oggi nel corso di un evento online a cui hanno partecipato, oltre ai vertici di Federmanager Stefano Cuzzilla, Mario Cardoni e Marina Cima, e al presidente di Fondirigenti, Carlo Poledrini, anche Mario Fiorentino, direttore generale per la politica industriale, l’innovazione e le Pmi del Mise, Marco Bentivogli, coordinatore di Base Italia, Luca Desiata, autore del libro “Scacchi e Strategie aziendali”, Laura Montagna, direttore Innovation Incubator, Gruppo SKF.